Prima di procedere all’adesione volontaria del
TFR in busta, è bene sapere a quali penalizzazioni si va incontro. La normativa
approvata dal Consiglio dei Ministri in questi giorni prevede la possibilità di
vedersi erogare, in busta paga, il TFR non ancora accantonato dei prossimi tre
anni, fra il 1 marzo 2015 e il 30 giugno 2018 (quello già maturato resta in
azienda o nel fondo pensionistico integrativo a cui si è aderito).
E’ una decisione
volontaria e irreversibile (nell’arco dei tre anni) e sono esclusi da
questa possibilità le partite Iva, i precari e i lavoratori con meno di sei
mesi consecutivi di anzianità contributiva.
Dal punto di vista fiscale l’operazione sarà
neutra solo per le retribuzioni fino a 15mila euro l’anno, poiché l’aliquota
applicata sarà la stessa del Tfr ottenuto al termine della propria attività
lavorativa (23%). Per cifre superiori, il Governo ha deciso di applicare
l’Irpef ordinaria per cui si pagano più tasse.
E’, invece, sensibilmente penalizzante per chi aderisce a un fondo di previdenza integrativa (ad esempio TELEMACO) nel quale a
seconda della permanenza nel fondo, il montante finale, composto anche dal TFR,
è tassato ad un’aliquota che oscilla fra il 15% e il 9%.
La legge di Stabilità alza, inoltre, la
tassazione sui rendimenti dei contributi alla previdenza integrativa passando
dall’11.5% al 20%; bisogna tenere conto della mancata rivalutazione della cifra
mensile che non viene più versata per il TFR e dell’incremento dall’11 al 17%
della tassazione annuale sulla rivalutazione dello stesso TFR. Insomma, arriva
qualche soldo in più a fine mese subito, ma ci si perde nel lungo periodo. In
termini percentuali la penalizzazione aumenta con il crescere dell’età e della
retribuzione. L’operazione ha senso solo se si ha assoluto bisogno di liquidità
immediata, tenendo presente che si riduce l’accantonamento futuro.
La CISL ha espresso una critica severa sul
provvedimento del Governo in quanto presenta due elementi di debolezza:
Il primo è legato all’indebolimento dei fondi a
causa della mancata contribuzione. Vogliamo ricordare che la progressività
delle riforme pensionistiche porterà i lavoratori a ricevere un’indennità pari a circa il 50% dell’ultima
retribuzione. Avremo un futuro di anziani in povertà se non accompagnati
dall’assegno integrativo e lo Stato non sarà in grado di erogare servizi di
Welfare in una società che invecchia come quella italiana.
Il secondo è invece legato al regime di tassazione. Quella prevista
dal Governo sul TFR in busta paga è superiore a quanto oggi applicata sia per
le anticipazioni che per l’erogazione del TFR a conclusione del rapporto di
lavoro.
Per la CISL è inaccettabile l’aumento delle
tasse soprattutto se, come fa intendere il Governo, il provvedimento serve a
rilanciare i consumi. La CISL, comunque, non chiude al provvedimento e rilancia
con l’opzione “tasse zero” sul TFR in busta
paga. Fermo restando che l’iscrizione e la contribuzione ai fondi restano
una priorità e vanno rilanciate soprattutto fra i più giovani, la nostra
Organizzazione è consapevole delle difficoltà economiche dei lavoratori e per
questo ritiene la “tassazione a zero” l’unica strada percorribile per rendere
il TFR un vantaggio per i lavoratori e per i consumi. Dalle decisioni del
Governo ne trae convenienza solo il fisco; in Italia la tassazione sul reddito
da lavoro è tra le più alte al mondo per cui non si può da un lato ridurre le
tasse, come annuncia il premier nella legge di Stabilità, e dall’altro
incrementare quelle sul TFR.
In conclusione, ricordiamo ai lavoratori, che
volontariamente opteranno per il TFR in busta paga, che quest’ultimo va a
modificare il reddito annuo per cui potrebbe venir meno l’erogazione degli 80
euro previsti per i CUD fino a 26mila euro. La
Segreteria Nazionale
FISTel-CISL
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